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Presentato al Sacro Monte di Varese il restauro del “Mostro di Breno”

Da almeno tre secoli, il santuario di S. Maria del Monte sopra Varese, “ra Madonè dar Mont”, custodisce il cosiddetto “mostro di Breno”. Chiamato in paese “bisè scorlère”, sono in realtà i resti di un rettile, secondo la tradizione portati lassù dagli abitanti del comune malcantonese che lo avevano catturato nei loro boschi. Una leggenda locale, declinata in numerose varianti, narra di un mostro terribile vagante nei boschi, ucciso da un giovane, fattosi coraggio con un voto alla Madonna.

 

Non si conosce l’anno in cui ciò sarebbe accaduto. La prima documentazione della sua presenza risale al 1739, quando era già definito “famoso”: si può quindi congetturare che la vicenda risalga almeno al Seicento. È comunque certo che il trofeo, rimasto appeso fino a inizio Novecento all’entrata del santuario, sia poi stato posto, arrotolato e scomposto, in una teca di vetro conservata prima in una sala dell’adiacente Museo Baroffio, per poi finire in un deposito.

Due anni fa, la conservatrice Laura Marazzi ha deciso, considerato il perdurante interesse per la singolare reliquia manifestato da molti visitatori, di esporre nuovamente i resti del mostro, malgrado le pessime condizioni dello stesso.
Per l’occasione, un piccolo gruppo di amici del Museo del Malcantone si è recato al Sacro Monte e ha pensato di lanciare una raccolta di fondi per sostenere il restauro di un oggetto tanto presente nella memoria locale. L’operazione ha avuto un immediato successo e, grazie in particolare alla Pro Breno, alla Fondazione Malcantone e ad alcuni privati, il restauro ha potuto prendere avvio. Il delicato lavoro, eseguito con grande competenza dal tassidermista Paolo Moro sotto la direzione di Isabella Marelli (Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio, Milano), ha permesso di ridare una forma leggibile ai resti e anche di determinare cosa sia in realtà il mostro di Breno: un coccodrillo del Nilo (crocodrilus niloticus) della lunghezza di oltre tre metri - quindi corrispondente ai “sette cubiti” di cui parlano le fonti antiche – ucciso da un violento colpo inferto all’altezza dell’arcata occipitale destra.

Sabato 2 aprile al Museo Baroffio si è tenuta la presentazione del restauro e della piccola sala con pannelli esplicativi nella quale il curioso reperto ha trovato una sede degna. Sono intervenuti mons. Erminio Villa, arciprete S. Maria del Monte; Laura Marazzi, conservatrice del Museo; Paolo Moro, del Taxidermy Studio Moro e Bernardino Croci Maspoli, conservatore del Museo del Malcantone. Quest’ultimo ha illustrato ai presenti come l’operazione di sostegno abbia permesso di tenere vivo il ricordo di un antico legame e di una singolare manifestazione di religiosità popolare. I documenti dicono che già nel XII secolo molte comunità dell’attuale Cantone Ticino (dal Malcantone, al Mendrisiotto, alla Valle del Vedeggio, alla bassa Valmaggia) recavano al Santuario beni in natura, ricevendone in cambio pane e vino. Per secoli il santuario di S. Maria del Monte è stato meta di processioni votive, più volte vietate dai vescovi di Como per i disordini che ne scaturivano, ma tenacemente sopravvissute fino agli inizi del Novecento.

Ora la presenza della “bisè scorlère” nelle sale del Museo Baroffio, ricche di preziose testimonianze storico-artistiche, potrebbe costituire un invito a riscoprire un luogo di straordinaria bellezza, un complesso monumentale inserito dall’UNESCO nei siti Patrimonio dell’Umanità, da raggiungere percorrendo a piedi lo straordinario viale delle quattordici cappelle dedicate ai misteri del Rosario. 

Servizio dedicato al Mostro di Breno: http://rete55news.com/?s=malcantone 

 


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